LA GIUNGLA, LA VILLA E L’OCCIDENTE
7 Ottobre – Ricorrenza Regina Sacratissimi Rosarii, Regina Pacis
Quello iniziato il 7 ottobre 2023, con il selvaggio e sanguinoso raid di Hamas in Israele, non sembra solo una guerra per stabilire il possesso di un territorio ma qualcosa di più. Il conflitto israelo-palestinese, che dal 1947 conta un interminabile numero di vittime, ha visto succedersi ben undici tentativi di avvio a soluzione fino agli accordi di Abramo dell’agosto 2020. In nessuna di queste occasioni le autorità palestinesi hanno accettato un compromesso che potesse essere l’antifona ad una soluzione mentre, le stesse autorità hanno ricevuto nei decenni, enormi quantità di finanziamenti per la loro sussistenza che non sembrano avere mutato lo stato di povertà di Gaza e Cisgiordania. Un compromesso avrebbe dato ossigeno agli USA ed ai Paesi arabi moderati e pretendere elasticità da ambo le parti, obbligando Israele ad un passo decisivo per sbloccare la situazione. Così come sono messe le cose non si tratta più di un sanguinoso contenzioso territoriale, ma di uno scontro esistenziale ed ideologico. Peraltro l’islam vuole la Umma (la nazione giusta) universale “Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini” recita il Corano (3, 110), e gli arabo-palestinesi sembrano essere sacrificati sull’altare dell’affermazione di questo principio. Molti insistono nel considerare Hamas un fenomeno reattivo. Le ingiustizie perpetrate da Israele per stabilizzare ed ampliare il suo stato e la sua presenza sul territorio, avrebbero scatenato la nascita di organizzazioni in difesa dei diritti dei palestinesi. Purtroppo pare non essere così, non si tratta solo di reazione dell’oppresso contro l’oppressore, ma di rinascita dell’islam. Dopo avere subito le umiliazioni coloniali e la fine del califfato, con il crollo dell’impero ottomano, mal sopportato da molti musulmani ma comunque loro punto di riferimento, l’islam oggi vuole risorgere. L’islam è una realtà plurale e per la sua rinascita, nel secolo XX, sono nate diverse realtà come la Fratellanza Musulmana fondata nel 1928 in Egitto da Hasan al-Banna e Jamaat e-Islami fondato in Pakistan nel 1941, da Sayyid Abul A’la Mawdudi. I movimenti di rinascita godono di cospicui finanziamenti, ed oggi hanno allungato le loro mani verso occidente, installandosi nelle città europee. Le élite della fratellanza vestono in giacca e cravatta, vantano lauree conseguite nelle migliori università europee, hanno acquisito cittadinanze francesi, italiane, inglesi etc… e organizzato circoli, club e associazioni affollate da giovani e da iniziative culturali accattivanti, con siti internet dallo stile ultra moderno. Nonostante la veste “modernista” la fratellanza e jamaat non hanno rinunciato, benché minimamente, all’obiettivo di trasformare l’occidente in dar al-Islam cioè, territorio sacro all’islam e Roma in una preda. In questo quadro la presenza di uno stato indipendente ebraico, cioè lo stato di Israele, nel mezzo del mondo arabo musulmano, è intollerabile. L’azione della cooperativa del terrore, Hamas, dependance della Fratellanza Musulmana, è tutta proiettata alla distruzione di Israele, il suo statuto recita “non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihād“… “Israele sarà stabilito, e rimarrà in esistenza finché l’islam non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui”. Su tutto questo volteggia il corvo iraniano con l’orologio di Teheran, a piazza della Palestina, che scandisce i giorni che mancano alla fine di Israele. La formula “due stati per due popoli”, rischia di essere un modo elegante con il quale gli occidentali pensano di mostrarsi umani, ragionevoli ed equidistanti. Qualunque persona intellettualmente onesta, alla luce della situazione e della sua storia, conclude che questa prospettiva, ad oggi, è sempre più lontana. Le autorità palestinesi rifiutano compromessi anche se forieri di successivi sviluppi, Israele “tollera” la presenza araba su quello che considera il suo territorio nazionale che, non dimentichiamolo, è l’antica terra promessa. Che si tratti di uno scontro esistenziale lo confermano i leader israeliani Shimon Peres e Ehud Barak, che negli anni novanta del secolo scorso, parlando di Israele lo definivano “la villa nella giungla”, la giungla sarebbe quella arabo-islamica. Il 7 ottobre 2023, la giungla è entrata nella villa e di fronte a questo fatto esisterebbero solo due opzioni, ambedue tragiche, o difendere la villa o abbandonarla a se stessa, tertium non datur. Sono tragiche perché segnate dal sangue e perché secondo i leader sionisti, senza alternative. Insomma un situazione senza uscite, ci vorrebbe un miracolo. Ma perché i miracoli accadano occorre credere, ad esempio, l’odierno occidente non crede più a niente, neanche a se stesso. Israele, invece, non ha crisi identitarie, ha qualcosa per cui vivere e per cui morire. L’occidente sembra avere solo l’opulenza dei suoi sabato sera e delle sue movide, la vergogna del suo passato per il quale chiede continuamente perdono, ha una Chiesa cattolica entrata in un sinodo permanente come una rivoluzione e triste come un tempio protestante, ha la sua crisi demografica che lo svuota dal di dentro ed infine, ha un fanatismo ed orgoglio progressista-woke che lo acceca come fosse, e lo è, una ideologia, che fa rima con eutanasia alla quale la cultura politica dei partiti di sinistra è religiosamente devota. L’epilogo di questa storia interessa direttamente l’occidente, l’Italia e Roma in particolare, sia per una oggettiva collocazione geopolitica sia perché Roma è la sede del successore di Pietro. Secondo l’ideologia islamista-jihadista, ebrei e cristiani sono da ridurre in dhimmitudine o da eliminare. Già altre volte l’occidente si è trovato a contrastare nemici mortali come l’islam, fermato il 7 ottobre 1571 a Lepanto e l’11 settembre 1683 a Vienna, oppure l’Armata Rossa di Lenin, fermata il 25 agosto 1920 alle porte di Varsavia, un affronto che la Polonia pagherà a caro prezzo nel 1940, nelle fosse di Katyn. Ma stavolta è diverso perché allora l’occidente era cristiano oggi è pagano forse, e forse neanche questo, è semplicemente il nulla del nichilismo progressista-woke. Eppure, l’Occidente continua ad avere un cuore, una realtà poco appariscente, un piccolo resto che crede, spera e agisce, una sorta di “comunità che ti sei acquistato nei tempi antichi” direbbe San Luigi Grignon de Montfort, citando il salmo (74,2), necessaria a realizzare i “Suoi“ progetti. Questa comunità, che non sta più a Sion ma a Roma, potrebbe fare la differenza, come già accaduto “… forse là se ne troveranno dieci. Rispose: Non la distruggerò per riguardo a quei dieci” (Gn. 18,32). In una situazione così ingarbugliata, stratificata e decisamente pericolosa, coloro che ancora credono e sperano possono fare la differenza, più di qualsiasi grande potenza la quale, peraltro, ultimamente sembra piuttosto in crisi d’identità ed attanagliata fra diversi concorrenti, pronti a prenderne l’agognato posto.