LE PENNE CHE ODIANO LA CHIESA

 

…per senso di giustizia a Ernesto Ruffini a Mario Frittitta, alla Chiesa di Palermo.

Le “penne che odiano”, del quotidiano “La Repubblica”, non sono una novità. D’altra parte uno dei più prestigiosi ed ambiti premi giornalistici è intestato a Pulitzer, che con la sua penna contribuì, in modo determinante, a scatenare la guerra USA-Spagna del 1898, confezionando mediaticamente il casus belli. Alcune decine di migliaia di morti… effetti collaterali, nulla di grave. Quindi, pur non costituendo un fenomeno nuovo, gli articoli al veleno che il 21 e 31 marzo La Repubblica di Palermo ha dedicato alle “complicità” della Chiesa con la mafia, anche in occasione della morte di Padre Mario Frittitta, non possono passare inosservati. Gli articolisti non scrivono cose nuove, il solito trito e ritrito j’accuse contro il Card. Ernesto Ruffini impiccato, da 60 anni, ad una frase, peraltro decontestualizzata, che nulla toglie alla grandezza del suo nome ed al bene che portò e fece alla città di Palermo, un bene tuttora ineguagliato dai suoi successori. Un bene fatto di realizzazioni concrete, che i parolai ed i professionisti dell’antimafia, di sciasciana memoria, vorrebbero forse eguagliare con le loro “primavere”, evaporate senza che alcuna estate sia giunta… forse per via del cambiamento climatico! Ma, andiamo con ordine. Il 21 marzo scorso, pubblicizzato dal citato quotidiano, su History Channel va in onda: “Mafia e Chiesa. Un passato insidioso” il titolo è già un programma. Il tono del servizio televisivo e dei due articoli, del 21 e del 31 marzo, è aggressivo, ha un afflato ideologico denso di pregiudizi e luoghi comuni. Vi si legge l’ignoranza della natura della Chiesa cattolica, dei suoi fini e, soprattutto, delle sue libertà che poco hanno a che fare con i diktat del potere mediatico il quale pretende di fissare un confine ontologico ed invalicabile tra buoni e cattivi. Una distinzione in forza della quale se Padre Frittitta confessa un peccatore, diventa connivente con il peccatore, dimenticando l’auspicio che i pastori “puzzino di gregge”.  In quel puzzo c’è di tutto, nel bene e nel male, c’è tradimento, menzogna, corruttela, mafia… l’alternativa è starsene al caldo della canonica. E’ questo che vogliamo? Padre Frittitta e il Card. Ruffini seppero stare nel mondo, fra le pecore, senza essere del mondo! E per questo sono saliti sulla croce dell’incomprensione e dell’odio, quella di Cristo! Frittitta, di fatto, ha dichiarato pubblicamente, ciò che la Chiesa conosce per Rivelazione, cioè che la salvezza eterna è aperta a chiunque si penta e si converta, senza distinzioni, come la prostituta, come quella che aveva sette mariti, come Matteo, l’odiato esattore delle tasse,  come il ricco Zaccheo, come il buon ladrone etc. etc. e poi “Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione”. La cultura dominate invece, è manichea. Ha bisogno, di un nemico irredimibile, inventa concetti tipo “il male assoluto”. Ebbene, per la Chiesa cattolica nessuno è irredimibile e di assoluto c’è solo Dio.  Ci spiace per Repubblica ma questo “E’”. E ci spiace ancora di più che non sia il legittimo pastore della Chiesa di Palermo a ricordarlo, rammentando tutti gli apporti di Grazia, Amore, Bellezza e Civiltà che la Chiesa cattolica ha donato, anche sul piano civile e culturale, a questa terra. Le penne, allora diventano propaganda tesa a scatenare la solita canea anticattolica che gioca a distinguere radicalmente, anche all’interno della Chiesa i buoni dai cattivi, pensando di favorire divisioni interne. Ci spiace per i due articolisti, ma noi cattolici su questo fronte facciamo da noi, abbiano una lunga esperienza e non necessitiamo di collaborazioni.  Il potere, pasolinianamente inteso, pretende di dettare ciò che il pastore deve dire o fare. San Giovanni Paolo II tuonò, “Lo dico ai responsabili: pentitevi, una volta verrà, il giudizio di Dio”, il potere e le sue penne plaudirono, anche perché il carisma universale di quel Papa era tale da incutere timore anche a coloro che lo avrebbero avversato per principio, tanto che tacevano ed osannavano… ma si sa, le iene sono iene, ed il leone è Leone. Alla fine, l’interpretazione autentica dell’affermazione “pentitevi” è stata quella di Padre Mario, che quel pentimento ha incoraggiato e strappato all’inferno della mafia, in un modo mirabile. La Grazia ha trasformato un killer di mafia, un professionista del crimine, in un assetato di Dio, in un lettore e fan di Edith Stein e Teresa di Lisieux, letture cha hanno formato la coscienza di avere torto e di dovere espiare la pena senza sconti, trasformando il carcere in una cella monastica. Questo fa Dio con la “complicità” della sua Chiesa. A corredo di quanto stiamo scrivendo, diamo una notizia alle persone per bene come noi, categoria che include anche le penne di testate politicamente corrette come Repubblica: “è possibile che in cielo avremo grandi soprese”, e non credo possa essere diversamente vista la natura del Paradiso. Perché sembra che “i pubblicani e le prostitute ci passeranno avanti nel regno di Dio”. Ai funerali di Padre Mario Frittitta c’era un popolo immenso di tutte le estrazioni sociali e di tutti i quartieri di Palermo, ci dispiace che il pensiero della gente non collimi con quello delle penne modello ZTL di Repubblica, ma si usa dire vox populi vox dei. Per inciso, scopriamo che anche su questa terra c’è della giustizia, poca, ma c’è. Padre Mario Frittitta fu assolto in Appello, non perché il fatto non sussisteva, ma “per aver commesso il fatto nell’ esercizio di un diritto”, il diritto di esercitare il proprio ministero sacerdotale, celebrare Messa e confessare un penitente attenendosi all’obbligo del segreto assoluto. Ricordiamo che Padre Mario, nel novembre del 1997, fu ammanettato con indosso il suo abito religioso, con il massimo del clamore mediatico. Nelle liturgie della Settimana Santa si recita il Salmo 22: “Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori”
, nessuno lo difese, neanche il suo pastore, e il peggio è che la storia si ripete a distanza di anni. Ieri davanti alle manette, oggi davanti alle penne.

Paolo Piro

 

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