QUARESIMA, PASQUA E RAMADAN
Distinzioni e Chiarimenti
La sollecitudine dei pastori cattolici nell’augurare “buon ramadan” ai fratelli musulmani nella circostanza delle misure restrittive del covid19, sollecitano alcuni chiarimenti. In concomitanza dell’emergenza coronavirus, come riferisce Lorenza Formicola, la prestigiosa e cattolica, Georgetown University, di Washington, ha organizzato un evento, via web, per sottolineare le diverse risposte religiose nel contesto dell’emergenza covid19. Il meeting non si è soffermato sulle difficoltà dei cristiani, a fronte della chiusura delle chiese per la Pasqua 2020, ha preferito rilevare le vicissitudini dei musulmani nel mese di ramadan. Invitato al convegno, l’imam Mohammed Maagid, ha indicato le strategie adottate dalla comunità per vivere il ramadan in tempo di crisi. Secondo l’imam il coronavirus è “la risposta al mondo che aveva bisogno di una teologia della crisi”. Il tenore dell’iniziativa ha mostrato uno spirito sincretista. I difensori del “ecclesiaticamente corretto” hanno cercato di porre sullo stesso piano interpretativo la quaresima, la Pasqua cristiana e il ramadan musulmano.
Ma è propriamente così? Quaresima e ramadan hanno una natura comune ed assimilabile?
Non si tratta di stabilire la superiorità culturale di una religione o di un’altra, ma di chiarire le differenze sostanziali fra le due cose. Il mese di ramadan è uno dei cinque pilastri dell’islam, è un atto di sottomissione ad Allah, con un prioritario valore collettivo. E’ tutta la umma islamica che fa atto di sottomissione. Diversamente, la quaresima interpella il singolo fedele, gli chiede uno spirito di penitenza che meglio predisponga alla preghiera e alla comunione con Cristo, comunione che culmina nelle celebrazioni liturgiche comunitarie. Non si tratta di compiere un atto dovuto, ma di trarre profitto da un avvenimento di Grazia. Nel ramadan vige la soddisfazione di un precetto, sintetizzabile in: “digiuno, preghiera, Corano e festa”. Il momento più rilevante del mese è quello serale, dopo il tramonto, quando è consentito ed è opportuno fare festa. Il “dopo tramonto” diventa più rilevante del tempo di digiuno-preghiera diurno, perché sostanzialmente il ramadan è tempo di festa, non è un caso che in occidente, le zone a forte presenza islamica registrino, in quel mese, incrementi nel consumo sia di cibarie che di altri prodotti. Il digiuno diurno (è vietato anche dissetarsi) rallenta i ritmi di vita giornalieri rendendoli impegnativi sul piano psicofisico. In occidente è frequente che i musulmani scelgano di mettersi in ferie dal lavoro, anche perché non è raro che i bagordi serali non consentano di essere in piena efficienza nel lavoro giornaliero. Il divieto di festeggiare insieme sembra essere la più importante difficoltà degli islamici in tempo di covid19. Certo, genera difficoltà anche il divieto di pregare in moschea, ma per il musulmano la moschea non è, di norma, un elemento sostanziale. Uno dei pilastri dell’Islam, la salàt , la preghiera, non richiede un luogo particolare.
Invece per il cristiano, la celebrazione dell’eucaristia è fontale, centrale, essenziale, e la Chiesa come luogo in cui Essa si celebra, non è surrogabile, se non eccezionalmente perché Essa è un luogo abitato in “Corpo, Sangue, Anima e Divitnità”.
Paolo Piro
